Questo genere di piante, appartiene ovviamente alla famiglia delle Amarillidacee, e si impongono soprattutto con i loro fiori, che un po’ ricordano quelli delle Gigliacee. E spetta inoltre all’amarillide il primato della bellezza, almeno fra le Amarillidacee entrate da tempo nella nostra floricoltura.

 

Amarillide

 

L’Amaryllis belladonna, originaria dell’Africa australe, fu introdotta in Europa nel 1712 e da allora fu tenuta in alta considerazione, vegetando anche in piena terra dove l’inverno non sia rigido. Possiede un grosso bulbo grigiastro, con tuniche secche attorno, ed ognuno di essi da luogo, di solito, a più di uno scapo fiorifero. Le foglie degli amarillidi, strette e lunghe, sono numerose e ricadono elegantemente tutt’attorno. I fiori sono riuniti, da 5 a 10-12 in cima ad ogni scapo alto da 30 a 60 cm, e sono rosei, olezzanti, a perigonio campanulato, formato da 6 tepali. Abbastanza rustica, è una pianta di facile coltivazione che si riproduce bene per bulbetti.

Questa amarillide ha dato alcune varietà; a fiori quasi bianchi o di color rosa pallido o più intenso, fin quasi al porporino.

La specie più comune è un Amarillidacea che siamo abituati a distinguere con il nome di clivia. Si tratta infatti di una specie del genere Clivia, originarie dell’Africa australe. Fra tutte sono più note in floricoltura la Clivia nobilis, la Clivia cyrtanthiflora e la Clivia miniata ed è soprattutto quest’ultima ad essere diffusa. Essi presenta come un bel ciuffo di foglie nastriformi larghe 2 a 4 cm, ricadenti in fuori, verdi scure, vergate longitudinalmente; e dal centro di questo ciuffo si dipartono uno o più scapi fioriferi alti 3’-50 cm, compressi, che terminano in alto bruscamente, dando luogo ad una serrata ombrella di 10-30 fiori brevemente peduncolati, formati da 6 tepali aranciato vivo o più gialli, o quasi rossi. Le clivie sono rustiche e si moltiplicano per getti che originano al piede della pianta madre o anche per semi, che vengono a maturazione con facilità. Si coltivano in terriccio di bosco.