Licenziamento per Giusta Causa e Giustificato Motivo

Prima di differenziare il tipo di licenziamento, a seconda della giusta causa o del giustificato motivo, è bene conoscere le disposizioni decretate dalla legge, nello specifico all’articolo 1 della legge n. 604 del 1966 che disciplina il licenziamento individuale, stabilendo che la risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per volontà del datore di lavoro può essere decretato solo per giusta causa ex articolo 2119 del codice civile o per giustificato motivo.

Licenziamento per Giusta Causa

Il licenziamento per giusta causa si sostanzia in una trasgressione o in un’inadempienza posta in essere dal lavoratore di entità grave al punto da compromettere il rapporto fiduciario e da non consentire il protrarsi, anche a titolo provvisorio, del rapporto di lavoro.

In ragione di ciò il licenziamento può essere attuato dal datore di lavoro senza preavviso anticipato.

In una giusta causa di licenziamento potrebbero quindi rientrare i rifiuti, da parte del lavoratore, a svolgere una mansione o un compito lavorativo ad esso affidato, senza apparente motivazione logica.

Licenziamento per Giustificato Motivo

L’articolo 3 della legge 604/1966 disciplina le due ipotesi di licenziamento per giustificato motivo in questo modo: tramite licenziamento con preavviso per giustificato motivo soggettivo derivato da un importante  inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del dipendente e il licenziamento con preavviso per un motivo che viene chiamato appunto oggettivo che si attiene a ragioni che riguardano l’organizzazione del lavoro nonchè al funzionamento dell’organizzazione col fine che possa sempre mantenere e gestire a pieno regime tutta l’attività produttiva.

Alla stessa giurisprudenza è affidato il compito di comprendere e stabilire le cause del licenziamento, differenziandole fra giusta causa e giustificato motivo.

Secondo la pronuncia della Corte di Cassazione n. 12197 del 1999, la differenza tra le due forme di licenziamento sfocerebbero in un ordine quantitativo, a seconda della diversa gravità delle mancanze poste in essere dal lavoratore. In entrambe i casi invece, i fatti addebitati dovranno presentare il carattere della negazione dell’elemento della fiducia, alla base del rapporto di lavoro.

Il giustificato motivo di licenziamento invece, potrà avvenire in presenza di ripetute violazioni del codice disciplinare da parte del lavoratore.

Tale materia di conservazione del posto di lavoro rappresenta una delle maggiori fonti di discussioni e lotte politiche fra sindacati e le opposte visioni imprenditoriali tutt’oggi.

Cosa dice la Legge

La disciplina del codice civile del 1865, sanciva già chiaramente le posizioni del licenziamento per quel periodo storico, con una maggiore diversità di potere contrattuale fra la posizione del datore e quella del lavoratore in quel dato periodo. Il tutto si ispirava ad una filosofia liberistica rispetto al problema della facoltà di interrompere in qualsiasi momento il rapporto di lavoro. In altra parte, successivamente, si rifaceva ai principi del codice civile del 1942, che introduceva solamente il limite del preavviso di licenziamento.

Fu poi la legge n. 604 del 15.7.1966  a cambiare la disciplina legislativa, mutandola attraverso una stretta regolamentazione delle ipotesi per le quali il licenziamento poteva essere ammesso, in modo individuale,  per  “giusta causa” e “giustificato motivo”.

Successivamente ancora, con la legge 20.5.1970 n. 300, venne aggiunto il concetto di “reintegrazione” del lavoratore nel posto di lavoro, nel caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo.

Con la legge 11.5.1990 n. 108, si  abbassò il numero, da 35 a 15, dei dipendenti delle aziende cui il recesso c.d. “ad nutum” non poteva essere applicato. Il licenziamento individuale può quindi, ad oggi, essere applicato anche in assenza di  giusta causa e giustificato motivo in aziende contanti meno di 15 dipendenti.

Link di approfondimento: http://www.euroguidance.it/licenziamento-per-giusta-causa-come-funziona/