Il 2020 è iniziato solo da pochi giorni ma possiamo già sapere una cosa che ci riserverà senza dubbio: 1 giorno in più rispetto ai 365 “abituali”.

Si perché il 2020 è un anno bisestile, dunque dopo 4 anni avremo di nuovo il ventinovesimo giorno nel mese di Febbraio. 

Ma perché esistono gli anni bisestili? A cosa serve aggiungere un giorno ogni 4 anni?

Ripercorriamo un pò di storia e cerchiamo di rispondere a queste domande.

A cosa serve l’anno bisestile?

L’anno bisestile rappresenta la soluzione ideale per risolvere un problema che ha sempre tormentato gli astronomi, ovvero lo scollamento tra anno civile e anno solare.

L’anno civile ha una durata di 365 giorni, mentre quello solare ha una durata di 365 giorni e 6 ore circa, per essere precisi 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi.

Questo scarto di circa 6 ore comporterebbe ogni 4 anni il ritardo di un giorno sul calendario. In altre parole, se l’anno civile non andasse di pari passo con l’anno solare si avrebbe lentamente uno spostamento delle stagioni nell’arco dell’anno.

Per fare un esempio pratico, l’equinozio di primavera, che cade il 21 marzo, ogni 4 anni si sposterebbe in avanti di un giorno, dunque nell’arco di 3 secoli vedremmo la primavera sbocciare non prima di giugno! 

Lo scopo dell’anno bisestile quindi è proprio quello di rimettere in linea il calendario, aggiungendo un giorno (24 ore) ogni 4 anni, che corrisponde proprio alle 6 ore di scarto che si accumulano ogni anno. 

Anche con l’anno bisestile tuttavia, ci sarebbe lo stesso uno slittamento minimo del calendario, perché come abbiamo già detto l’anno solare non dura esattamente 365 giorni e 6 ore, bensì 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi.

Per risolvere questo problema si è scelto di considerare bisestili tutti gli anni non terminanti con due zeri e divisibili per 4, e quegli anni terminanti con due zeri ma divisibili per 400. In questo modo, ogni 400 anni ci sono 3 anni bisestili in meno, eliminando così i 3 giorni di anticipo che si accumulerebbero.

Quando nacque l’anno bisestile?

Il primo a introdurre l’anno bisestile fu l’Imperatore romano Giulio Cesare nel 46 a.C.

In seguito ad alcuni studi eseguiti dall’astronomo alessandrino Sosigene, Giulio Cesare varò una riforma che prevedeva l’introduzione di un calendario della durata di 365 giorni (a discapito del precedente da 355), a cui si aggiungeva un giorno in più ogni 4 anni. 

Il calendario giuliano venne un pò accantonato dopo la morte di Cesare e si tornò di nuovo a commettere un pò di errori nel calcolo dei giorni.

Successivamente fu Augusto a tentare di risistemare il calendario, ma la riforma decisiva avvenne solo nel 1582, quando Papa Gregorio XIII fece eseguire nuovamente dei calcoli astrali grazie ai quali introdusse il calendario gregoriano, che è quello che utilizziamo anche oggi.

Perché si chiama anno bisestile?

Per capire l’origine del nome è necessario sapere che i romani non contavano i giorni del mese con i numeri come facciamo oggi (2 gennaio, 3 gennaio, 4 ecc). Utilizzavano un sistema in cui i mesi venivano divisi in calende, idi e none.

Quando venne introdotto il calendario giuliano si stabilì che negli anni da 366 giorni il giorno in più dovesse cadere a febbraio, in particolare il sesto giorno prima delle calende di marzo, vale a dire il 24 febbraio.

Quindi in quegli anni c’erano legalmente due “sesti giorni prima delle calende di marzo”, da cui venne coniato il termine “bisextus” (due volte il sesto), che poi divenne appunto bisestile.