Negli ultimi tempi si è parlato molto della politica industriale della Slovacchia, soprattutto dopo il caso legato alla scelta della Embraco; il Paese dell’Europa orientale è uno dei più dinamici a livello continentale, grazie in modo particolare alla capacità di accogliere le imprese che operano in ambito automotive.

Prodotto interno lordo che cresce a ritmi del 4 per cento all’anno, occupazione in ripresa, produzione industriale in salita e clima di fiducia della popolazione pure, come confermato anche dalla crescita dei consumi delle famiglie: in questo momento, la Slovacchia è al centro delle cronache economiche e non solo in ambito nazionale, sotto i riflettori soprattutto per il “caso Embraco” che ha fatto emergere la buona situazione che sta vivendo il Paese orientale. 

L’economia della Slovacchia. Sembrano lontani i tempi in cui gli osservatori economici internazionali pronosticavano prospettive poco rosee per il piccolo Stato che si andava a dividere dalla Repubblica Ceca; a distanza di poco più di venti anni, invece, la Slovacchia è riuscita a invertire la rotta e a imporsi come una nazione all’avanguardia, anche per le politiche industriali che negli anni hanno avviato programmi di deregulation e detassazione modo per attrarre investimenti stranieri.

Patria dell’automotive. Obiettivo raggiunto, visto che oggi Bratislava e le altre città sono diventate alcune delle location mondiali preferite dai grandi costruttori, soprattutto del settore automotive: dai vari marchi del gruppo Volkswagen fino ai produttori dell’Est Asiatico, dai prestigiosi nomi di lusso britannici Jaguar e Land Rover (spinti alla delocalizzazione sul territorio nazionale a causa dei temuti effetti negativi della Brexit) fino ai grandi protagonisti del mercato degli pneumatici.

I marchi degli pneumatici. Proprio in quest’ultimo ambito, sul territorio slovacco sono presenti in contemporanea sia i centri di produzione e distribuzione dei grandi brand internazionali, come ad esempio la Continental, che gli stabilimenti dei produttori locali, che piano piano si stanno facendo conoscere anche nel nostro Paese: il caso più noto è quello delle gomme Matador, il marchio più famoso di Slovacchia, distribuito in Italia grazie alla piattaforma digitale di Euroimport Pneumatici.

Le scelte economiche del Paese. I fattori che stanno spingendo alla crescita del Paese sono molteplici, e un recente rapporto della World Bank, chiamato “Doing Business”, mette in evidenza un elemento chiave: la Slovacchia infatti è al 39esimo posto mondiale delle nazioni in cui “fare imprese” è più facile, mentre per fare un paragone l’Italia è addirittura al 48esimo posto. Inoltre, mentre il costo del lavoro nel nostro Paese si aggira intorno ai 28 euro all’ora, secondo stime Eurostat in Slovacchia la quota si abbassa fino a 10 euro all’ora, e poi, ancora, il corporate tax rate in Italia è 31,4 per cento mentrein Slovacchia è del 21 per cento.

Embraco, dall’Italia alla Slovacchia. Numeri decisamente impressionanti, che in qualche modo spiegano il citato “caso Embraco“: come noto, l’azienda rientrante nel gruppo Whirlpool ha deciso di avviare la chiusura della produzione nello stabilimento di Torino e, nello stesso tempo, di promuovere una delocalizzazione in Slovacchia, rifiutando addirittura anche la proposta del Ministero dello Sviluppo italiano di avviare la cassa integrazione per i 500 dipendenti, per poter attivare successivamente una riconversione industriale. 

Delocalizzazione in atto. Il fallimento della trattativa tra Embraco e Mise ha fatto emergere i temi discussi prima, soprattutto dopo che i giornali slovacchi hanno raccontato dei piani dell’azienda per lo stabilimento presente nella regione di Košice, che attualmente conta già un organico di circa 2300 unità e che, stando alle news locali, sarebbe pronto ad accogliere nuovi dipendenti, soprattutto dopo la sigla del nuovo contratto collettivo quadriennale, avvenuta sul finire del mese di gennaio.