Il gruppo di Pappagalli, appartiene all’ordine degli Psittaciformi, famiglia degli Psittacidi, termini derivati dal nome del genere più comune, Psittacus. I pappagalli, sono i tipici abitatori delle foreste calde intertropicali, particolarmente di quelle sudamericane, australiane e dell’Oceania.

Uccelli dal piumaggio vistosamente colorato, sono pure caratterizzati dall’avere un becco sviluppato e fortemente ricurvo, una lingua carnosa e dura, da cui dipende la loro capacità di imitazione del suono umano, zampe corte e robuste con dita dalla forte capacità prensile, che fa di questi animali degli egregi arboricoli. Fatto rilevante nel loro comportamento è che quasi mai costruiscono un nido vero e proprio, ma depongono le uova nelle cavità dei tronchi d’albero. Dalle uova nascono pulcini, dapprima nudi, poi ricoperti di soffici piumini.

 

Pappagalli e Cocorite

 

Nestore e cacatua

Un pappagallo decisamente singolare, perché a differenza di tutti gli altri è un predatore feroce ed ha quindi dieta carnea, è il nestore, Nestor meridionalis, abitatore della Nuova Zelanda. Le dimensioni e la struttura sono quelle caratteristiche di un rapace: dita fortemente unghiate, ali lunghe ed affilate, la parte superiore del becco affilata ed arcuata verso il basso. Lo stesso piumaggio non è variopinto come negli altri pappagalli, ma uniformemente olivastro, così da renderlo particolarmente mimetico e perciò quasi impercettibile dalla preda. Assale gli ovini, squartandoli con il becco e gli artigli e frequenta persino i macelli dei centri abitati per divorare gli avanzi di carne. Nonostante la naturale aggressività può addomesticarsi e vivere a lungo in cattività.

Certamente più gradevoli per la bellezza del piumaggio, miti e simpatici per la facilità con cui apprendono facili esercizi o imitano parole e gesti del padrone, sono i cacatua, nome volgare con cui si vuole ricordare il grido che questi uccelli emettono e che suona appunto “ca-ca-tuà, ca-ca-tuà!”. Diffusi nelle boscaglie di molte zone dell’Australia, questi pappagalli dal tenue colore, presentano un bel ciuffo di penne lungo la linea centrale del capo.

Sono buoni volatori, capaci di arrampicarsi agilmente sugli alberi, dove passano la notte; trascorrono gran parte della giornata al suolo, ove ricercano attivamente, per alimentarsene, semi, germogli e persino bulbi e tuberi, che traggono dal terreno scavandolo con il becco. Si capisce come gli agricoltori australiani non vedano di buon occhio questi, per altro verso graziosi, pappagalli e li caccino per salvaguardare le loro colture, oltre che per mangiarli, visto che la carne dei cacatua è davvero eccellente.

Come tutti i pappagalli, nidificano nelle cavità naturali dei tronchi d’albero, che possono allargare aiutandosi con il becco. Insistente e prolungato è il corteggiamento del maschio nei riguardi della femmina ed attiva la sua partecipazione alla cova e all’allevamento dei piccoli.

Portati in cattività amano addirittura la presenza dell’uomo e si affezionano spesso ai bambini, si dimostrano sempre vivaci e curiosi, raramente diventano aggressivi. Nessun difetto insomma, se non quello di lanciare frequentemente, soprattutto con le variazioni metereologiche, grida addirittura assordanti.

 

Are e pappagallini

Negli aviari dei giardini zoologici non manca mai un’ara, anche se questo pappagallo va facendosi via via sempre più raro e costoso. Può arrivare ad un metro di altezza ed è facilmente riconoscibile anche dal profano: ha il becco molto grande e robusto, compresso di lato, la parte superiore lunga, ricurva ed appuntita all’estremità; le guance prive di piume e colorate. Sono Uccelli centro e sud-americani, che vivono in coppie o in piccoli gruppi nelle grandi foreste, preferibilmente vicino ai corsi d’acqua. Nelle ore calde del giorno dormicchiano sui rami, la testa incassata, e soltanto quando calala sera volano alla ricerca di cibo: frutta, semi e germogli; non fanno mai grossi danni alle coltivazioni, perché non costituiscono, se non di rado, dei gruppi numerosi. Nidificano nelle cavità dei tronchi dell’albero e, pur essendo normalmente pacifici, difendono con furia le covate dai predoni, soprattutto dalle scimmie.

Le are acquistano facilmente dimestichezza con l’uomo, imparano a riconoscere il padrone; non vanno tenute però in gabbia, ove potrebbero rovinarsi il piumaggio, bensì su trespoli, assicurate con una catenella alla zampa.

Tra le are citeremo in questo articolo l’Ara ararauna, la ben nota Ara macao, messicana, dal piumaggio rosso e azzurro, l’Ara chloroptera, dalle ali verdi, e l’Ara giacinto o Anodorynchus jacintinus, brasiliana, la più preziosa per la sua rarità e per la bellezza del suo piumaggio azzurro cupo.

Ma i migliori “parlatori”, ovvero quelli in grado di imitare più precisamente la voce umana e dei suoni più disparati, sono i piccoli Pappagalli dell’Amazzonia ed i Pappagalli cenerini, dell’Africa, piccoli anch’essi rispetto ai cacatua e alle are. Gli amatori non sanno se conferire ai primi o ai secondi il primato della versatilità e della prontezza nell’imitazione, sta di fatto che entrambi hanno una straordinaria capacità di adattamento alla domesticità, ai climi più vari e variabili, ai diversi regimi di alimentazione: queste qualità ne fanno uccelli ideali da gabbia o da trespolo.

L’Amazona aestiva, diffuso dal Brasile all’Argentina, è il tipico pappagallo verde, poiché questo è il colore dominante del piumaggio, a parte l’azzurro della fronte, il giallo vivo della gola e delle guance.

Le loro abitudini sono in fondo quelle di tutti i pappagalli: istintivamente sociali, costituiscono stormi fittissimi, che si scindono in coppie al momento della riproduzione; si cibano di frutta e di semi e quando si spingono nelle piantagioni provocano danni gravissimi; arboricoli per eccellenza, si arrampicano con estrema facilità aiutandosi con il becco, che funziona un po’ da terza zampa.

Lo Psittacus erithacus ha un mantello forse meno sgargiante, ma pur sempre di grande eleganza: grigio su tutto il corpo, tranne la coda rosso-scarlatta. Vivace e mansueto, affezionato al padrone, intelligente ed egregio imitatore, può vivere in domesticità per anni ed anni.

Infine non resta che parlare della cocorita o pappagallino ondulato o ancora parrocchetto canoro, originario dell’Australia, il quale può considerarsi il più comune uccello da gabbia, al pari del canarino.

Come per il canarino poi, selezione operata dall’uomo negli allevamenti ha portato alla formazione di varietà dai colori più disparati e ben diversi dall’originale, nel cui piumaggio domina il colore verde, segnato nella parte superiore del corpo da eleganti striature nere ondulate, da cui prende anche il nome di pappagallino ondulato. La selezione ha sfruttato le mutazioni per il colore, comparse improvvisamente negli allevamenti, cioè ha separato, facendoli riprodurre a parte, quegli individui che presentavano modificazioni ereditabili della tinta del piumaggio: così si hanno oggi cocorite azzurre, lilla, bianche, gialle, cenerine.

I pappagallini, anche se meno abili imitatori dell’Amazonia e dello Psittacus, sono intelligenti, affettuosi, facilmente allevabili ed acclimatabili; perciò allo stato domestico hanno raggiunto una distribuzione mondiale.

In Australia, dove vivono allo stato naturale, formano stormi che non si sciolgono mai, neppure quando le singole coppie provvedono alla riproduzione. Abbandonano il bosco per la ricerca del cibo solo al mattino e alla sera, cioè nelle ore meno calde della giornata, volando con acutissimi strida metalliche, le stesse che chiunque possegga solo un paio di questi graziosi pappagalli conosce molto bene!

Le femmine depongono da 4 a 6 uova biancastre nei tronchi cavi in natura e dentro cassette appositamente preparate se si tratta di un esemplare in gabbia, e le covano per una ventina di giorni senza l’aiuto dei maschi, ai quali invece è affidato il compito di fare buona guardia accanto al nido. La nutrizione dei piccoli avvicenda entrambi i genitori per circa un mese, al termine del quale i giovani, ormai ricoperti di penne, se ne escono liberamente alla ricerca del cibo.

Graziosi e simpatici compagni sono dunque i pappagalli, ma qualche volta estremamente pericolosi per l’uomo. A parte le antipatie che possono eventualmente provare per qualche persona, essi sono in casi non rari i trasmettitori di una malattia a volte mortale. Proprio dalla famiglia degli Psittacidi, a cui i pappagalli appartengono, il morbo prende il nome di psittacosi. Non è detto che i nostri pappagalli siano gli unici responsabili dell’infezione, poiché anche altri Uccelli, con cui l’uomo viene facilmente a contatto, possono trasmettere il virus agente della malattia.

Infatti fagiani, tortore, canarini, piccioni, e anatre sono potenzialmente ugualmente pericolosi a questo riguardo. Il virus della psittacosi provoca nell’uomo lesioni polmonari gravissime a temperature elevate fino a 40°C, già dopo 8 giorni dall’infezione, che si contrae aspirando polveri contenenti escrementi o resti di uccelli infetti.

Va però specificato che la cottura delle carni, distrugge l’agente infettante e che, anche dopo l’infezione, il virus può essere combattuto con buoni risultati, impiegando antibiotici, come l’aureomicina o con le tetracicline.